Belgio nella seconda guerra mondiale

I soldati tedeschi sfilano davanti al Palazzo Reale a Bruxelles, 1940

Nonostante fosse neutrale all'inizio della seconda guerra mondiale, il Belgio e i suoi possedimenti coloniali si trovarono in guerra dopo che il paese venne invaso dalle forze tedesche il 10 maggio 1940. Dopo 18 giorni di combattimenti in cui le forze belghe vennero respinte in una piccola sacca nel nord-ovest del paese, l'esercito belga si arrese ai tedeschi, iniziando un'occupazione che sarebbe durata fino al 1944. La resa del 28 maggio venne ordinata da re Leopoldo III senza la consultazione del suo governo e scatenò una crisi politica dopo la guerra. Nonostante la capitolazione, molti belgi riuscirono a fuggire nel Regno Unito, dove formarono un governo ed un esercito in esilio dalla parte degli Alleati.

Il Congo belga rimase fedele al governo belga a Londra e contribuì con significative risorse materiali e umane alla causa alleata. Molti belgi vennero coinvolti sia nella resistenza armata che passiva alle forze tedesche, sebbene alcuni scelsero di collaborare con le forze tedesche. Il sostegno delle fazioni politiche di estrema destra e delle sezioni della popolazione belga permise all'esercito tedesco di reclutare due divisioni delle Waffen-SS dal Belgio e facilitò anche la persecuzione nazista degli ebrei belgi, in cui ne vennero uccisi quasi 25.000.

La maggior parte del paese venne liberata dagli Alleati tra settembre e ottobre 1944, anche se le aree nell'estremo oriente del paese rimasero occupate fino all'inizio del 1945. In totale, circa 88.000 belgi morirono durante il conflitto,[1] una cifra che rappresentava l'1,05% della popolazione prebellica del paese, e circa l'8% del PIL del paese venne distrutto.[2]

  1. ^ Grzegorz Frumkin, Population Changes in Europe Since 1939, Ginevra, A.M. Kelley, 1951.
  2. ^ Belgium after World War II, in Encyclopædia Britannica.

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